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Conferenza: Un Mondo Scomparso, insediamenti rupestri e altri manufatti sotterranei nel Feudo degli Ottieri.

La manifestazione, a conclusione della seconda parte del Progetto Ottieri, si è svolta secondo  il programma stabilito.

La partecipazione è stata molto buona 40 su 50 previsti che, nonostante le pessime condizioni meteo, è stata seguita fino alla conclusione.

Sono intervenuti:

1.    Marco Innocenzi, Presidente della federazione Speleologica Toscana;

2.    Tiziana Peruzzi, Assessore alle politiche del Territorio del Comune di Sorano;

3.    Prof. Angelo Biondi, esperto in storia locale.

4.    Franca Bernardoni, archeologa

La parte relativa agli aspetti geologici, geomorfologici, speleologici e il coordinamento della Conferenza sono stati tenuti dal sottoscritto, presidente del Gruppo Speleologico l’Orso di Castell’Azzara e responsabile della Commissione Cavità artificiali della Federazione Speleologica Toscana. E’ stato dato risalto alla concessione del patrocinio da parte della SSI.


Il progetto Ottieri, iniziato nel 2011, con lo scopo di esplorare, rilevare e sistemare i dati raccolti sugli ipogei presenti nel territorio corrispondente alla ex Contea degli Ottieri, in Toscana, ha  conseguito i seguenti risultati: 64 tra insediamenti e singoli ipogei per complessive 221 cavità, sviluppo lineare m 2400, sup. 7300, vol 20500. Ho stimato che quantitativamente siamo a due terzi del lavoro complessivo. Non ci accontentiamo dei dati ricavati che sono già tanti e quindi dovremmo essere soddisfatti ma ci proponiamo anche di dare se possibile, una risposta ai tanti perché che ci poniamo quando osserviamo o ci occupiamo di questo territorio. Il nostro lavoro non è ancora concluso per cui occorrerà ancora del  tempo.

Abbiamo fatto corrispondere l’area della nostra attività con quello della ex Contea degli Ottieri perché era lì che andavamo a indagare e a cercare i nostri ipogei. Oggi questo territorio corrisponde alla parte settentrionale e orientale del Comune di Sorano, situato sul versante settentrionale dell’apparato vulcanico vulsino.

La documentazione che abbiamo raccolto è una fotografia, quasi un’istantanea di un ambiente che sta velocemente degradandosi e, in buona parte, avviato a scomparire per sempre. La domanda che ci poniamo è: che fare di questo patrimonio?

Con il Progetto Ottieri è’ stato esplorato quasi tutto il territorio della Contea nella sua massima estensione; ogni rilevo è stato dotato della sezione geologica del terreno in cui è ricavato; sono stati trovati anche insediamenti non abitativi ma legati ad una attività proto-industriale di ceramiche e laterizi.

La ricerca delle motivazioni per cui gli abitanti risiedevano in sotterranei, ci ha portato a quella legata alle diverse  condizioni climatiche del passato:

Oggi viviamo in un periodo che dal punto di vista climatico viene ritenuto “felice” e cioè temperature in aumento, piovosità regolare senza eccessi, inverni abbastanza brevi e non freddi.

Queste condizioni non corrispondono a quelle che sono state registrate  fino ad un passato non lontano. Negli ultimi 2000 anni queste sono cambiate più volte e la storia ci dice che queste hanno determinato forti cambiamenti  dal punto di vista antropico. Migrazioni di popolazioni, esempio le invasioni barbariche.

La copertura vegetale del territorio ci dice che è un territorio “freddo”, nel quale le coltivazioni erano marginali e lo sono in parte ancora oggi. Queste erano ancora più limitate per il fatto che tante piante alimentari sono arrivate nel ‘700 e non tutte si adattavano a questo ambiente(v. olivo, vite moderna, ecc.). Dalla nascita di Gesu’ Cristo Fino al 1200 c’è stato un raffreddamento che si è interrotto  con la risalita delle temperature, determinando un periodo climatico “felice” che termina con un secolo, il 1300, in cui la popolazione è devastata(-25-30%) da ben 4 epidemie di peste.

Dal 1300 al 1850 c.a.  inoltrato si verifica un brusco raffreddamento del clima nell’Europa occidentale che comunemente viene denominata “piccola era glaciale”.  I coloni del feudo hanno disboscato il fondo delle vallette  che hanno un fondo piatto e costruito i loro rifugi  in corrispondenza di anche deboli affioramenti di acqua(Riaccio, Ronchetta, Acquaviva, Peruzzo, Viola, ecc). Chi vi abitava doveva essere per forza un allevatore. Ecco perché accanto all’abitazione vi è sempre una stalla.

Dal punto di vista speleologico le cavità non presentano una grande varietà di tipologie: di solito si tratta di spazi a pianta rettangolare alti fra 170 e 250m con volta di solito ellittica bassa, o raramente a capanna. Spesso vi sono cavità accessorie e più piccole sul fondo, raramente sulle pareti laterali. Le cose si complicano quando cavità vicine sono collegate da brevi gallerie o dal cedimento di un tratto di parete. Le cavità denominate “cantine” sono di solito più lunghe e inclinate verso il fondo. Lateralmente hanno delle nicchie più o meno ampie per la conservazione  di derrate. Riguardo invece agli insediamenti proto-industriali siamo in presenza di cavità ampie e collegate fra loro in modo da consentire un più agevole spostamento di materiali e di oggetti stando sempre al coperto. L’ampiezza porta inesorabilmente all’instabilità.

Le condizioni statiche delle cavità non sono sempre buone e richiedono molta attenzione soprattutto nella parte iniziale che spesso è interessata da cedimenti e caduta di blocchi. Il lavoro di rilevamento è organizzato in un catasto in cui ogni cavità è presente con pianta, sezioni, riferimenti geologici; le cavità  sono inserite in schede: individuali se isolate o collettive se in gruppo. Ogni scheda raccoglie tutti i dati necessari per l’individuazione topografica e la descrizione geometrica e geologica del luogo in cui si trovano.(Papalini Odoardo)

 

(Pinzi Giuseppe)L’amore per il proprio territorio, il desiderio di far conoscere i suoi aspetti più peculiari, la curiosità di vedere ciò che il tempo aveva nascosto, sono state le molle che hanno consentito la realizzazione del progetto che  è andato avanti in modo spedito. Ho coinvolto gli amici che mi indicavano “le grotte” e che  hanno fatto proprio il mio desiderio di conoscere. Non ultimo il desiderio di riutilizzare a fini turistici  i sotterranei che andavamo trovando.( Pinzi Giuseppe)

 

(Biondi Angelo) Della colonizzazione Etrusca vi sono solo deboli tracce perché le tombe sono state riprese e adattate come abitazioni. Meno ancora sono quelle del periodo romano.

Alla caduta dell’Impero romano  arrivano i Longobardi  che  si insediano nei territori della bassa Toscana. Segue la fondazione dell’Abbazia di San Salvatore  e  il suo dominio su questa parte della Regione. Il dominio longobardo, con la famiglia Aldobrandeschi, si evolve organizzandosi in Contea di Sovana, che estende il proprio dominio su questi luoghi, l’Amiata e la media e bassa valle del Fiume Fiora.

Inizia anche, per opera degli Ottieri(da Lotharius), vassalli degli Aldobrandeschi,  una azione di rapida indipendenza  che li porterà a mantenere il controllo su questo territorio fino a quando nel 1805 Napoleone non abolì i piccoli  stati  feudali come questo. Una attenta politica di alleanze tra Siena. Orvieto e il Papato aveva consentito agli Ottieri una  sopravvivenza così  lunga.

Un’altra caratteristica importante di questo territorio è la mancanza di città, cosa che in Italia si riscontra raramente, ad esempio nel Piemonte meridionale(Monferrato).

I coloni che  abitavano la Contea e quindi questo particolare territorio, abitavano in cavità sotterranee e sia per cause climatiche che per cause economiche erano obbligatoriamente allevatori. Tra il Conte e questi, si era mantenuto per secoli un tipo di contratto chiamato Soccida che prevedeva una collaborazione economica tra chi disponeva  del bestiame ( soccidante ) e chi lo prendeva in consegna ( soccidario ), allo scopo di allevarlo e sfruttarlo, ripartendone gli utili che ne derivavano. Questo contratto era indubbiamente più vantaggioso sia della mezzeria e più ancora della terzeria.

 

(Franca Bernardoni )Il censimento e rilievo degli ambienti ipogei nel nostro territorio è sicuramente un lavoro significativo considerando il gran numero di grotte che troviamo, di varia natura, da ambienti funerari a quelli di edilizia civile o monastica, alcuni dei quali utilizzati fino ad oggi come cantine e rimesse agricole.

Un lavoro faticoso che va a riscoprire quello che la natura dopo secoli di abbandono in qualche modo si è ripresa, per riportarlo alla luce. L’elemento grotta è parte essenziale dell’area dei tufi, alla quale il territorio oggetto di studio appartiene e, non ha un ruolo subalterno alle opere in muratura, ma si va ad integrare ad esse; tanta storia del nostro comprensorio si racconta attraverso la lettura del fenomeno rupestre.

Lo studio degli ambienti ipogei si compone di tante fasi, dopo quella conoscitiva, di documentazione e rilievo, segue l’esame delle planimetrie e degli elementi architettonici interni, indicativi del tipo di utilizzo, nel tentativo di creare una classificazione tipologica, per poi cercare di comprendere, attraverso l’esame della distribuzione spaziale degli insediamenti, il rapporto con il contesto territoriale, con la viabilità antica e con i castelli.

La lettura archeologica di questi ambienti non è semplice, proprio perché spesso sono stati riutilizzati e quindi modificati all’interno, togliendo gli elementi originari, o in altri casi modificandoli in parte, per cui non sempre è possibile riconoscere la funzione originaria e gli usi successivi, né dare una cronologia assoluta. Capita spesso che una tomba etrusca per esempio, dopo un periodo di abbandono sia stata riutilizzata in epoche successive come abitazione o stalla e quindi modificata in base alle nuove esigenze.

Nell’area dei tufi, sicuramente le opere ipogee più imponenti sono state realizzate in epoca etrusca con i monumenti funerari, nel territorio preso in esame non si trovano necropoli particolarmente significative ma solo piccoli nuclei di tombe, o tombe isolate, che attestano una presenza etrusca sparsa, forse dislocata lungo una via di comunicazione tra Sovana e Chiusi.

 Con l’età tardo-antica si assiste al dissolvimento del mondo romano e con l’avvento dell’età medievale numerosi cambiamenti investono ogni aspetto della vita del tempo, cambia l’organizzazione del territorio, il tipo di economia, il popolamento, fino ad arrivare al processo di incastellamento in cui si sono affermati nuovi poteri.

In questo clima di cambiamenti nella piccola contea degli Ottieri, vediamo il sorgere di tre castelli molto vicini tra loro, Castell’Ottieri, Castel Montorio e Sopano e nel territorio di  molti nuclei di piccoli insediamenti rupestri, si assiste quindi alla diffusione del “vivere in grotta”. Allo stato attuale di questa ricerca ancora in itinere, che non ha quindi nessuna pretesa di completezza, non sappiamo quando inizia l’uso abitativo delle grotte e in che rapporto è con i vicini castelli, possiamo però dire che è un fenomeno diffuso di cui massima espressione è il vicino sito di Vitozza.

Gli elementi osservati, iniziano a delineare il quadro della facies rupestre, anche se necessita di ulteriori indagini e approfondimenti. Si riconoscono planimetrie che ritroviamo a Vitozza e nell’Alto Lazio; elementi d’arredo interni, come nicchie, ripiani, fori allineati per alloggiare graticci lignei , camini, indicano l’uso abitativo,mentre mangiatoie suggeriscono l’utilizzo come ricoveri per animali.  La progettualità nello scavo che segue determinati criteri, suggerisce un’organizzazione razionale dello spazio e l’affermarsi di vere e proprie tipologie abitative.


Conclusioni della Conferenza:

a)    Mantenimento della disponibilità verso l’Amministrazione comunale di Sorano e verso i privati interessati;

b)    Impegno a continuare l’attività di ricerca , per altro non ancora completata;

c)    Ricerca e progettazione di percorsi-itinerari didattici che utilizzino quanto trovato.

Il Presidente del Gruppo Speleologico l’Orso, Odoardo Papalini

Conferenza “Un mondo scomparso”

 

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