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Riunione di Commissione 1 Novembre 2013

Si è svolta in data 01.11.2013 presso i locali della Scuola Elementare di Casola Valsenio, gentilmente messi a disposizione dall’organizzazione di Casola2013 Underground la consueta riunione annuale della Commissione Nazionale Catasto Grotte.

 

E’ stato deliberata ed adottata la linea guida n.1/2013 (scarica il pdf)

Protocollo di Informatizzazione (geografica) delle Grotte (PIGRO)
A cura di: Daniela Pani e Leonardo Piccini
S.S.I. – Commissione Catasto

1. Definizioni e scopi
Il termine “grotta” viene utilizzato in campo speleologico per indicare una cavità naturale sotterranea, di dimensioni tali da consentire l’accesso all’uomo o, se vogliamo, sufficientemente grande da accogliere interamente un uomo di dimensioni medie. Tale definizione, spiccatamente antropocentrica, non ha nessuna connotazione morfologica o genetica.
Gli elenchi catastali delle grotte italiane pongono un limite inferiore pari a 5 m (circa 3 volte la dimensione media dell’essere umano) per l’inserimento nei cataloghi regionali. Si tratta di un limite del tutto arbitrario e privo di qualsiasi significato scientifico.
Il primo problema che si pone nell’uso di tale definizione sta nel significato di “cavità”. (vedi definizione lessicale). In senso geomorfologico, una cavità sotterranea può essere definita come uno spazio vuoto del tutto o in gran parte racchiuso nella roccia. Se la cavità è aperta sulla superficie terrestre essa si manifesta come una depressione più o meno accentuata. Le cavità in comunicazione con la superficie terrestre sono a tutti gli effetti parte di questa superficie, per cui, per poter definire i limiti della cavità in senso strettamente geografico, dobbiamo fare riferimento non alla superficie reale che delimita esteriormente il nostro pianeta (che quindi comprende anche le grotte), ma alla superficie topografica, ovvero a quella superficie fittizia e geometricamente descrivibile che inviluppa gli elementi fisici e solidi della superficie terrestre (escludendo quindi atmosfera, idrosfera e biosfera) secondo un determinato fattore di scala (modulo). Tale superficie è quella rappresentata nelle carte topografiche con l’utilizzo di curve di ugual quota (isoipse) e punti quotati.
L’intersezione tra superficie topografica e volume della cavità delimita quello che consideriamo l’ “ingresso” della grotta.
Presa come riferimento la superficie topografica, una depressione (introflessione) di questa superficie, può considerarsi come una cavità significativa, cioè una grotta a tutti gli effetti, quando il suo sviluppo assiale, a partire dal punto centrale della delimitazione in pianta dell’ingresso, è maggiore della ampiezza massima di quest’ultimo, cioè quando l’ampiezza massima dell’ingresso è <= allo sviluppo assiale della cavità. Il limite di 5 m ha il solo scopo di escludere le tante cavità di piccole dimensioni che si aprono nelle zone carsiche, e di evitare anche casi di dubbia interpretazione.
Scopo di queste linee guida è quello di proporre delle specifiche tecniche in grado di dare un valore cartografico agli archivi (database) catastali delle grotte e permettere un loro utilizzo nell’ambito di sistemi geografici informativi (SIT o GIS). Tali specifiche sono inoltre necessarie per una validazione dei dati di tipo geografico relativi alla grotte e a una loro corretta georeferenziazione.

2. Rappresentazione cartografica delle grotte

Da un punto di vista geografico una grotta è costituita da due entità cartografiche ben distinte: la planimetria dell’ingresso e la planimetria della cavità nel suo complesso, che si sviluppa al di sotto della superficie topografica. La planimetria dell’ingresso è parte della superficie topografica e quindi è rappresentabile su una carta di scala appropriata. La planimetria della cavità, cioè la proiezione planimetrica dei limiti dei vuoti che costituiscono la grotta, non può essere parte di una rappresentazione cartografica, poiché inserisce un elemento di tridimensionalità in una rappresentazione che è per definizione bidimensionale. La planimetria di una grotta può quindi essere sovrapposta (o meglio sottoposta) graficamente ad una rappresentazione cartografica, ma di fatto non ne fa parte, poiché la restituzione cartografica tradizionale non consente la rappresentazione di due elementi che abbiano le stesse coordinate planari ma differente quota s.l.m.

3. Posizionamento dell’ingresso
Una grotta è dotata necessariamente di un ingresso che ne consente l’accesso. Tale ingresso può essere di origine naturale e quindi parte della superficie terrestre, oppure di origine artificiale. In senso cartografico, gli ingressi naturali sono delimitati dalla intersezione tra superficie topografica e volume della grotta. Tali limiti individuano un perimetro chiuso di dimensioni non inferiori a quelle che consentono l’accesso ad un essere umano. Si tratta quindi di un oggetto di tipo areale (poligono chiuso) la cui georeferenziazione richiederebbe in realtà una serie di punti di coordinate note tale da permetterne la delimitazione secondo le dimensioni del modulo di descrizione.
Per la definizione di tali limiti occorre però individuare un criterio geometricamente univoco che separi la superficie topografica (il “fuori”) dalla superficie parte della cavità sotterranea (il “dentro”).
Nelle grotte a sviluppo verticale possiamo dire di essere in grotta una volta che siamo scesi sotto la superficie topografica. In quelle a sviluppo orizzontale, invece, in genere ci sentiamo “dentro” quando abbiamo un tetto di roccia sopra la testa. Prendiamo il caso di un pozzo dai contorni non netti, oppure di una cavità che si apre al fondo di una dolina o di una valle cieca, oppure alla base di una parete strapiombante. Sono esempi di situazioni in cui la definizione del perimetro dell’ingresso, all’interno del quale comincia la grotta, non è per niente scontata. Un caso abbastanza frequente è quello di un pozzo a cielo aperto dai bordi non netti, in cui cioè la pendenza aumenta progressivamente sino alla verticale. In questi casi possiamo assumere come limite della grotta la linea in cui la pendenza supera il valore del 100% (cioè 45°). Sopra questa linea siamo fuori, al di sotto siamo in grotta. Nel caso di un ingresso orizzontale possiamo ancora definire un angolo limite, ragionevolmente sempre di 45°. Se il tetto ha un’inclinazione maggiore, rispetto al piano orizzontale, siamo “fuori”, se minore siamo “dentro”.
Nel caso, poi, di vasti portali, bisognerebbe valutare attentamente la delimitazione dell’ingresso e nel caso rivalutare le dimensioni della grotta che da essi ha inizio. In particolare andrebbero valutati attentamente gli ingressi di grotte che iniziano con tratti inclinati aperti all’esterno. La pendenza di questi tratti, a seconda che sia minore o maggiore di 45 °, può determinare coordinate e quota dell’ingresso diverse.
Nella pratica dei catasti, gli ingressi delle grotte sono riferiti ad un solo punto, del quale vengono indicate le coordinate x (longitudine), y (latitudine) e z (quota). Allo stato attuale non esistono specifiche che indichino come e dove individuare tale punto (d’ora in poi detto punto-ingresso). Il grado di precisione delle coordinate dell’ingresso di una grotta è spesso non inferiore a qualche metro e in genere compreso tra 5 e 10 m, a causa delle tecniche di posizionamento solitamente usate dagli speleologi (triangolazione con bussola di uso speleologico, interpretazione orografica su carte tecniche o GPS di uso escursionistico). Per questa ragione il problema della esatta definizione del punto-ingresso di fatto non si pone per tutti quegli ingressi, che sono la stragrande maggioranza, che hanno dimensioni inferiori al grado di precisione del metodo di posizionamento utilizzato. Il problema è invece fondamentale per gli ingressi di dimensioni superiori. In ogni caso, l’avvento di metodi di posizionamento sempre più precisi (DGPS, Galileo ecc…) richiede comunque la definizione di specifiche chiare ed univoche.
Per la corretta definizione del punto-ingresso sono, in linea di principio, utilizzabili due criteri: l’individuazione di un particolare punto del perimetro, oppure l’individuazione di un punto “medio”. Nel primo caso si tratta di definire una caratteristica rilevabile che consente di determinare il punto a cui si riferiscono le coordinate. Tale caratteristica può essere legata alla altimetria (es. il punto di quota inferiore) o alla posizione in pianta (es. il punto più a nord o più a sud). In questo caso si ha però una eccentricità del punto-ingresso rispetto alla delimitazione reale, il che, da un punto di vista strettamente cartografico non è corretto. In cartografia, infatti, gli elementi di un territorio che vengono rappresentati con un simbolo di tipo puntuale (quindi in modo convenzionale e non in scala) implicano l’individuazione di un “baricentro”, le cui coordinate costituiscono il riferimento geografico di quell’oggetto. Nel caso dell’ingresso di una grotta, il baricentro può essere individuato dal centro del cerchio massimo inscritto in pianta nei limiti dell’ingresso, oppure dal centro del cerchio minimo che circoscrive i limiti dell’ingresso. Le differenze tra i due metodi si fanno sentire soprattutto nel caso di ingressi di forma complessa e allungata in una direzione. Il primo metodo (crchio inscritto) è in genere preferibile. E’ evidente che tale punto baricentrico non è fisicamente materializzabile, perché si trova sospeso in aria. Per convenzione, la quota di tale punto va però riportata a quella del punto altimetricamente più basso del perimetro dell’ingresso.

Bibliografia
– AA.VV. (2001): “L’utilizzo del Gps in speleologia”. Quaderni Didattici della  Soc. Spel. Italiana, 9, Erga Edizioni.
– Bagliani F., Comar Maurizio, Gherbaz F., Nussdorfer G. (1990): “Manuale di Rilievo ipogeo”. Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, Trieste.
– Fallani F. (2003): “ Manuale di rilievo speleologico – Il posizionamento delle grotte”. All. Talp, 27.
– Silvestro C. (1999): “Il rilievo delle grotte”. Quaderni Didattici della Società Speleologica Italiana, 3, Erga Edizioni.
– Surace L. (1998): “La georeferenziazione delle informazioni territoriali”. Estratto dal “Bollettino di Geodesia e Scienze Affini” – anno LVII, 2, Istituto Geografico Militare Firenze.

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